An article by Fulvio Vassallo Paleologo from the blog Diritti e Frontiere ad ADIF. (In Italian, use Google translate if needed!)
“… Le intese e gli accordi stipulati tra gli stati dell’Unione europea e i Paesi terzi devono essere valutati in considerazione degli effetti che producono, al di là delle affermazioni formali di rispetto dei diritti umani e delle Convenzioni internazionali, con particolare riguardo al diritto alla vita, all’integrità fisica e psichica ed alla libertà personale di quanti ne subiscono le conseguenze. Gli stessi accordi e protocolli operativi, richiamati dal Memorandum d’intesa firmato da Gentiloni il 2 febbraio scorso, stipulati con precedenti autorità libiche che, a differenza di quelle attuali, controllavano l’intero territorio nazionale, instaurano diversi livelli di coordinamento nelle attività di contrasto dell’immigrazione irregolare che estendono al governo italiano la responsabilità delle gravissime violazioni commesse ai danni dei migranti bloccati in mare e ricondotti nei centri di detenzione, come quello di Zawiya, sotto il controllo diretto ed esclusivo del governo di Tripoli.
Le attività di cooperazione operativa in mare, soprattutto se condotte in acque internazionali, rientranti in quella che è stata riconosciuta in passato come zona SAR affidata alle autorità libiche, implicano conflitti di competenza e ritardi negli interventi di soccorso che sono stati causa di diversi incidenti, con un numero in continuo aumento di morti e di dispersi.
L’allontanamento forzato delle navi delle ONG dal limite delle acque territoriali libiche, per effetto della maggiore presenza di mezzi riconducibili alla Guardia Costiera libica, ha oggettivamente creato le condizioni per soccorsi ritardati e per altre stragi, anche perchè i mezzi libici – in gran parte motovedette donate dagli italiani – non hanno la capienza per imbarcare tutte le persone che si trovano a bordo dei gommoni. Abbiamo testimonianze precise da parte di operatori delle ONG – divenuti testimoni scomodi che si voleva allontanare con le campagne diffamatorie – secondo le quali i libici sparano dai loro mezzi di soccorso, con le armi leggere di cui sono dotati, sui barconi carichi di migranti per impedire loro di proseguire la rotta verso le acque internazionali. Secondo le testimonianze, si verificano anche conflitti a fuoco tra i trafficanti che “scortano” i migranti e le motovedette di Tripoli, che li vorrebbero bloccare e riportare a terra. Per queste ragioni, ad ogni notizia di un “soccorso” operato da un mezzo libico, con la riconduzione a terra dei superstiti, si accompagna invariabilmente la notizia di un numero imprecisato di morti e dispersi in mare.….”
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